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1° Gennaio 1862 - ore 15. L’appuntamento che ha cambiato la storia di Castellammare del Golfo

Aggiornamento: 23 gen 2021

Tutto era stato preparato nel più stretto riserbo.

Come oggi, capodanno, ma di 159 anni fa. Sono le ore 15:00.


Come i nostri tipici capodanni ci si attarda un po’ più a tavola e ci si concede una maggiore dose di abbiocco, almeno nelle famiglie benestanti di Castellammare del Golfo.

Certo si percepiva nell’aria una certa tensione e le zone di Fraginesi e Castellaccio sembravano immerse in un fermento insolito.

In verità già durante le feste di Natale si alimentavano strani presagi. Il nuovo ordine imposto con l’avvento del Regno d’Italia rischiava di trasformarsi in una vera e propria tragedia sociale (la leva obbligatoria, calata in un contesto agricolo bisognoso di manodopera, fu la goccia di troppo).


Smantellato l’ex Regno delle Due Sicilie si aprì la strada per il controllo dei latifondi (già demaniali o ecclesiastici). Chi avrebbe potuto approfittare di tale occasione se non le famiglie più abbienti di Castellammare? E chi avrebbe pagato ancora una volta il più caro prezzo, specie in aspettative di miglioramento, se non i contadini?

La semplice e sottile differenza era: essere “Surci” o essere “Cutrara”, essere filo borbonici oppure liberali. Comunque sia, tra le famiglie che si contendevano il “potere”, questa volta di mezzo c’era la massa di sbandati, renitenti alla leva, un fuoco, cioè, da utilizzare per rivedere un diverso riassetto delle posizioni dominanti. Forse era tempo per un nuovo equilibrio e una nuova stabilità socio politica.

Ma si sa, chi ha gestito il potere è disposto a qualunque cosa pur di non perderlo, a costo di qualsiasi compromesso. Il fuoco, infatti, può essere domato o indirizzato altrove.


Sono le ore 15:00. I borghesi sono li, nel corso principale. Le loro case signorili si trasformano presto in trappole ideali. Solo pochi, a chi è dato sapere, sono altrove.


Casa Asaro

Era tutto pronto dalla mattina, ma all’ora “X” toccherà al “mascaru” (venditore di mortaretti) – Vincenzo Chiofalo e a Francesco Frazzitta, guidare la massa di rivoltosi da Fraginesi al grido di “Viva la Repubblica”, con tanto di bandiera rossa.

La massa si era sentita tradita, vagamente accontentata con allettanti promesse, in nome di un presunto legittimismo. La massa cerca quelle rivalse da sempre negate, inconsapevole che qualunque cosa accadrà, esiste già il futuro “equilibrio” e che in quel momento quel fiume di sangue poteva rimettere tutto sul tavolo, tutto in discussione.


Ore 15:00 – Obiettivo principale - le famiglie Asaro e Borruso, imparentate, unite nel giorno di festa, come nell'esercizio della cosa pubblica. Tutto deve essere definitivo, senza pietà. La furia di centinaia di rivoltosi accecati dall'odio sociale, strumentalizzati perché ancor prima vittime dell'ignoranza, ivi si riversò.

E poi, incendi dei pubblici uffici, assalti ad altre abitazioni dei civili filo liberali, saccheggi e vandalismi, vittime tra le forze dell'ordine. E, quindi, la repressione, sacrosanta, quasi a nobilitare e legittimare i rivoltosi, le vittime innocenti per mano del generale Quintini.


Entrambi i fronti si sono sporcati di sangue, quel sangue che avrebbe dovuto riscattare e appagare la povera e ignorante massa popolare.

Il sangue, quello vero, era stato versato, ma sono sempre di più i liberali che riescono a fuggire e porsi in salvo. Sono quelli che poche ore dopo pensavano già come occupare quei posti o come bisognava acquistare credito negli ambienti che contano.


Chi guardava lontano vedeva anni difficili, prevedeva compromessi, immaginava lunghi processi e sapeva bene quanto importanti potevano rivelarsi le deposizioni in tribunali (e qui che la mafia castellammarese eserciterà tutto il suo potere, coprendo le gravissime responsabilità dei rivoltosi e dei loro mandanti).


I bersaglieri non hanno esitato a puntare il fuoco su vittime inermi e il sacerdote Benedetto Palermo pagò con la fucilazione il “non essere liberale”. Benedetto Palermo rimase l'unico del clero schierato con i filo borbonici e una bambina di otto anni, Angela Romano, uccisa casualmente dai militari. Fu questa la normalità che il generale Quintini (avrà fatto bene il suo dovere!) assegnò alle cose?


Foto di Giuseppe Marcantonio, sindaco.

In quei momenti altre cose diventano “normali”: il delegato di Pubblica Sicurezza, Gaspare Fundarò, scortato dai rivoltosi fino a casa del cognato sacerdote Antonino Zangara; il sindaco Giuseppe Marcantonio posto in salvo; un folto cordone protettivo di amici impedisce alla massa di dare l'assalto alla casa dell' On.le Pasquale Calvi.

A questo punto qualcuno intuì che era auspicabile il ritorno alla pace sociale. Un personaggio trasversale e non schierato, almeno apparentemente, avrebbe potuto gestire le criticità vecchie e nuove ora createsi, Pietro Lombardo.

A lui il compito di stabilizzare il collegamento tra Surci e Cutrara, ma anche mantenere un collegamento funzionale con il nuovo Stato Italiano.


E’ un compito sul quale è probabile che ancora oggi si dibatte, che a distanza di circa 160 anni si ripresenta, anche in forme e contenuti diversi. La nostra Castellammare, di fatto, ha sempre combattuto per uscire dal vischio che tuttavia ci riporta a “li surci” e a “li cutrara”.


Francesco Bianco



La completa e dettagliata cronostoria della rivolta si trova nel saggio storico "Castellammare del Golfo 1° Gennaio 1862 - Surci e Cutrara" di Francesco Bianco (Tutti i diritti riservati all'autore).

Articolo del 01\01\2021;

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