Castellammare del Golfo
Primo gennaro 1862
Primo gennaro del 1862, in una terribile sommossa popolare, scorrerà molto sangue. Una massa di circa cinquecento disperati, manovrati e strumentalizzati dalla fazione dei "Surci", assalterà e incendierà le case dei notabili e gli edifici pubblici. Ne seguirà una feroce repressione governativa, che colpirà per lo più vittime innocenti.
Da una parte i liberali: i Marcantonio, gli Asaro, parte dei Borruso, i Galante, i Calandra, i così detti "Cutrara", coloro che si sono impossessati della Cutra (la coperta), ovvero del benessere.
Dall'altra i lealisti borbonici: i Di Blasi, i D'Anna, i Costamante, i Plaja, i Coniglio, i Carollo, i così detti "Surci", la vecchia classe dirigente a difesa dei loro antichi privilegi.
Castellammare del Golfo 1° gennaro 1862, ore 15; potrebbe essere un capodanno come tanti, hanno quasi tutti finito di pranzare, le famiglie riunite gustano come accade sempre in queste giornate di festa i propri momenti di maggiore intimità familiare.
Eppure non tutto è così, da alcuni giorni la tensione nel paese è alta, quasi palpabile la si percepisce nell'aria, visi sconosciuti si aggirano per le vie e nelle campagne vicine, in particolare nelle zone dei Fraginesi e del Castellaccio.
Non erano state delle belle feste di Natale, tutto sembrava alimentare oscuri presagi.
Velate minacce, segni sui muri ed una crescente insoddisfazione popolare per una situazione politica determinatasi con l'avvento del Regno d'Italia, che trovava la sua maggiore ragion d'essere nella leva obbligatoria, vera tragedia sociale di tutto l'ex Regno delle Due Sicilie.
Ancora di più la delusione delle aspettative mancate da parte del nuovo ordine, la consapevolezza che i latifondi ex demaniali ed ex ecclesiastici non fossero altro che nuova terra di conquista delle classi più abbienti o comunque di quelle classi che riuscissero ad avere il controllo dei vari poteri locali.
Ma in fondo la differenza era come sempre alquanto sottile.
Surci o Cutrara in fin dei conti cosa cambiava per la povera marineria castellammarese o per la manovalanza agricola, da sempre alla ricerca di un minimo di aspettativa e miglioramento sociale?
Surci o Cutrara, in fondo è sempre un discorso tra di “loro”, tra filo borboni e liberali, tra due gruppi di famiglie che si contendono il potere locale, ma questa volta c'è un elemento nuovo, vi è di mezzo la massa di sbandati renitenti alla leva, c'è un nuovo fuoco da potere utilizzare e indirizzare per il riassetto delle posizioni di dominanti poteri, la cosa più facile è vestire questo fuoco di un colore, poi dopo.... si sistemeranno i nuovi equilibri, chi ha gestito il potere è disposto a qualunque cosa pur di non perderlo ed a qualunque futuro compromesso per trovare la prossima anche parziale stabilità, quando lo si è utilizzato ed ha svolto la sua funzione, il fuoco può essere domato o indirizzato altrove.
(in foto da sinistra: Pasquale Calvi; Giuseppe Marcantonio; Antonino Costamante)
Castellammare del Golfo 1° gennaro 1862, ore 15, non vi è giornata ed orario migliore; i ceti borghesi sono tutti nelle loro case signorili per buona parte nel corso principale, la Strada Mastra, che rappresentano la trappola ideale; si sa dove cercarli non possono essere altrove in una giornata e in un orario del genere; chi sa veramente, o a chi è dato sapere, quel giorno sarà lontano dal calore delle mura domestiche, le campagne o un rifugio nei paesi vicini è sempre l'ideale. Eppure la sera della vigilia il timore era alto su chi già paventava la rivolta. Forse per una sorta di inconscia autodifesa chi era più minacciato non credeva che l'inevitabile potesse accadere o che potesse accadere così presto. Eppure era tutto pronto dalla mattina e toccherà al “mascaru (venditore di mortaretti)” Vincenzo Chiofalo ed a Francesco Frazzitta guidare quei primi momenti, guidare la massa di rivoltosi provenienti dai Fraginesi al grido di “Viva la Repubblica” e sventolando una bandiera rossa, proprio loro che come molti altri erano una componente delle squadre dei moti rivoluzionari liberali dell'aprile del '60 diretti da Francesco Saverio Borruso.
I rivoltosi avevano visto tradite quelle tanto allettanti promesse delle camice rosse, promesse vagamente ideologiche per le quali ora in nome di un presunto legittimismo, Chiofalo e gli altri cercano quelle rivalse da sempre negate, non rendendosi conto che qualunque cosa accadrà già esiste per il futuro un “equilibrio” e che l'importante in quel momento è solo portare un affondo terribile di sangue, per rimettere tutto sul tavolo, per rimettere tutto in discussione.
Castellammare del Golfo 1° gennaro 1862, ore 15, il vero e determinante obiettivo è uno: le famiglie Asaro e Borruso, riunite nel giorno della festa, riunite da sacri vincoli di parentela, riunite nell'esercizio della cosa pubblica, è l'obiettivo e l'atto da realizzare senza pietà che servirà a riequilibrare la gestione del potere e a saziare la furia di centinaia di rivoltosi accecati dall'odio sociale, vittime dell'ignoranza che ne favorisce la totale strumentalizzazione.
Tutto quello che accadrà dopo, sarà solo conseguenza e corollario, gli incendi dei pubblici uffici, gli assalti alle altre abitazioni dei civili filo liberali, i saccheggi ed i vandalismi, le vittime tra le forze dell'ordine.
E poi la repressione, anche quella è sacrosanta, anzi quasi nobilita e legittima l'operato dei rivoltosi, le vittime innocenti per mano del generale Quintini non possono essere occasione migliore per far si che entrambi i fronti fossero sporcati, per quasi nobilitare a posteriori l'eccidio nei confronti dei primi liberali colpiti. Intanto la sete di sangue e vandalismo di cui si doveva cibare la povera e ignorante massa popolare poteva appagarsi.
(in foto da sinistra: Giuseppe Calandra; facciata della casa degli Asaro; portone del palazzo del notaio Andrea Di Blasi)
Castellammare del Golfo 1° gennaro 1862, è strano come delle volte nei momenti più drammatici, accadano le cose più impreviste, o forse strano non lo è affatto. Ma nelle ore in cui tanto sangue viene versato, si muove un fantasma per le vie e le mura del paese: è il fantasma della “Protezione” che di minuto in minuto prende sempre più corpo e va occupando tutti gli anfratti e determinando le zone di azione e ad un certo momento non è più un fantasma, sempre di più sono i liberali che riescono a fuggire e porsi in salvo, forse perché il sangue, quello vero che contava è già stato versato, forse ora bisognava acquistare credito, credito negli ambienti che contano, per poi potere negoziare, mediare. Chi vede lontano sa che vi saranno anni difficili, serviranno compromessi, vi saranno lunghi processi e serviranno preziose deposizioni. Deposizioni dove la mafia Castellammarese, eserciterà tutto il suo potere, coprendo le gravissime responsabilità dei rivoltosi e dei loro mandanti.
Che i bersaglieri si sfoghino con vittime inermi e incolpevoli, che il solo sacerdote Benedetto Palermo paghi con la immediata fucilazione e senza alcun processo il suo “non essere liberale”, in fondo cosa importa. E cosa importa che Benedetto Palermo sia l'unico rappresentante del clero schierato con i filo borbonici (per quanto possa valere questo termine). E cosa importa di una bambina di otto anni Angela Romano, quasi sicuramente uccisa casualmente dai militari? (così il generale Quintini avrà fatto bene il suo dovere!).
In fondo è la cosa migliore. In quei momenti altre cose diventano importanti dopo tanto sangue versato: che il delegato di Pubblica Sicurezza Gaspare Fundarò venga quasi scortato dai rivoltosi in casa del cognato sacerdote Antonino Zangara, dopo che il notaio Andrea Di Blasi ha lanciato un appello in sua difesa (“picciotti vi lu raccumannu, è padri di famigghia, ed è statu galantomu”). Diventa importante che il sindaco Giuseppe Marcantonio sia posto in salvo e che un folto cordone protettivo di amici impedisca alla massa, assetata di ulteriori vandalismi e smania di depredazione, di dare l'assalto alla casa dell' On.le Pasquale Calvi. A questo punto ben vengano un gruppo di persone, in fondo amici di tutti, quali Gioacchino Ferrantelli, Stefano Barone, Giuseppe Buccellato, i fratelli Antonio, Camillo e Damiano Buffa, Cosmo e Pietro Lombardo, a quest'ultimo, su pressione dei D'Anna e dei Ferrantelli il carismatico compito di garantire il ritorno alla pace sociale.
Quale fosse l'influenza di Pietro Lombardo nel contesto castellammarese, solleva non poche perplessità. Non ufficialmente classificato in uno dei due schieramenti, lo rende sfuggente tra i personaggi di quel contesto. Forse questo, almeno apparentemente, era il migliore requisito che poteva avere qualsiasi figura a cui affidare il provvisorio controllo della situazione, in un clima così critico e suscettibile di qualsiasi incontrollabile epilogo. Comunque di sicuro spessore lo era, sia per la gestione della criticità del momento che per il futuro equilibrio. Tanto è vero che, come ci riferisce Giuseppe Calandra (L'Avvocato ed i Parricida), ospiterà nella propria casa il giudice Emanuele Milone durante la fase istruttoria del processo, che seguirà ai fatti del gennaio del 1862.
D'altronde il trasversalismo di tali personaggi era già stato ampiamente sperimentato in precedenza; la rivoluzione del '48, i moti del '60 ne erano già stati banco di prova, ora certi ruoli si potevano rafforzare, il sottile collegamento tra Surci e Cutrara andava stabilizzato, doveva tenere. Ma un altro più importante collegamento doveva tenere, quello con il novello Stato italiano, tutti dovevano fare i conti con tutti ed era bene che tutti capissero.
Per non parlare del macabro e surreale rito serale, quando vittime e carnefici, andavano in processione alla Chiesa Madre a chiedere perdono alla Divinità offesa! Grottesco e tragico insieme, fuori da ogni schema in un patetico tentativo di collettiva legittimazione morale.
Tratto dal saggio storico di Francesco Bianco – ''Castellammare del Golfo 1° gennaio 1862 – Surci e Cutrara'' – edito nel 2008.
Editrice – Gruppo Editoriale L'Espresso spa.
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Articolo del 01\01\2020;
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