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La pesca oggi

Immagine del redattore: KernosKernos

Nicola Dai è un giovane marinaio castellammarese, figlio di marinaio e da sempre a stretto contatto con la realtà dei marinai. Classe 1981, da 13 anni ormai condivide la sua vita con il mare come fonte di sostentamento insieme al padre che ha speso anche lui la vita nella marineria di Castellammare e che ora, in semi riposo, continua ancora ad accompagnare Nicola nelle sue battute di pesca.


Da qualche anno ha una sua barca, tipo gozzo, sette metri e trenta circa, motorizzata, fornita di apparecchiature elettroniche come da norme. Utilizza reti a tremaglio per la pesca varia. E’ bello notare che in tutte le barche operative a Castellammare emerge la preminenza di due colori: blu e bianco. Fino a non molto tempo fa, infatti, dai colori preminenti delle barche i marinai deducevano la marineria d’appartenenza.


E’ con lui che oggi vogliamo fare una virtuale “battuta di pesca”. Nel precedente articolo del 15 marzo scorso abbiamo vissuto una giornata tipo del marinaio degli anni ’50, per meglio percepire come e quanto cambiano le cose che ci circondano e come e quanto cambiamo noi stessi, le nostre abitudini, la nostra vita.

La giornata lavorativa inizia verso le ore 14 / 15, primo pomeriggio di un giorno qualsiasi, inverno, estate, freddo, caldo. Ci si avvia per calare le reti. Le barche a motore sono più grandi, più sicure e poi le attrezzature, il cellulare e tante diavolerie che sostengono e riducono al minimo i rischi di una navigazione a causa delle cattive condizioni meteorologiche. Salvo casi particolari, si parte.


Le reti già pronte a poppa, raccolte su sé stesse, da piazzare sul fondo e se si vuole sperare in qualcosa si dovranno piazzare tutte. Sono circa 2 chilometri di lunghezza e larghe 4 metri, tutte in filo di nailon o in plastica.

Ogni periodo dell’anno ha la sua pesca caratteristica: ad aprile si va a triglie, da dicembre a febbraio a merluzzi, a marzo a seppie, e così via. Anche la distanza dalla costa è da rispettare se si vuole intercettare il pesce voluto. Tutto ciò si decide la mattina, così da avere il tempo di adeguarsi nei tempi e nelle attrezzature. Non è neppure un problema procurarsi le risorse umane; basta una, massimo due persone a bordo per tutte le operazioni da effettuare.


La marineria è composta da circa venti barche, tutte a motore e più o meno fornite dei sistemi di sicurezza. Le nostre barche sono autorizzate alla pesca fino a 3 miglia di distanza dalla costa ma per fortuna non ci sono limiti territoriali all’interno della nostra Regione. E’ risaputo che i pesci si avvicinano alla costa per deporre le uova e in qual frangente si muovono più in banchi. Ecco un marinaio deve sapere tutto ciò, deve conoscere la fisiologia dei pesci, le loro abitudini stanziali, deve conoscere la pescosità del nostro mare.


C’è da dire che un monitor collegato ad un ecoscandaglio ti mostra in un secondo l’offerta della natura sottomarina. Dipende dal costo ma questi strumenti sono in grado di raggiungere anche profondità di oltre 1000 metri. Per le esigenze della nostra piccola pesca, tuttavia, basta poter scandagliare 100, 200 metri al massimo.

Ci si avvia verso la zona di pesca prescelta; basando tutto sull’esperienza, il terzo senso, le condizioni marine. I comandi della barca sono tutti a portata di mano, si può governare tutto senza molta fatica, ma le reti si preferisce calarle manualmente.

Finita l’operazione, sistemati i galleggianti di segnalazione, gli eventuali rilevatori di posizione GPS, si torna a casa.


La pesca sportiva e tutte le attività marinare da diporto stanno mettendo in serie difficoltà la pesca tradizionale, ormai ridotta ad un numero marginale di addetti, ivi compreso l’indotto. Regolamenti europei e regionali, normative sempre stringenti sia di natura operativa che legale, sanitaria e fiscale, hanno ridotto a lumicino le possibilità produttive del settore.

E’, invece, più redditizio incentivare il diportista o gli occasionali che comprano le canne da pesca, le esche, le attrezzature subacquee, muovendo l’economia di più settori paralleli e connessi e soddisfacendo in maggior misura le aspettative fiscali di un sistema sempre più affamato di tasse.


Le nostre coste sono sempre più affollate; centinaia di canne (anche parecchio costose) e attrezzi elettronicamente sofisticati, spadroneggiano in ogni dove. Ma ciò che fa la vera differenza è l’assoluta mancanza di controlli. Da oltre “punta la porta” fino all’inizio della riserva dello Zingaro, non è improbabile vedere mute termoresistenti e bombole annesse esplorare i fondali e le tane con l’ausilio anche di robottini trainanti. Nessun vede, nessuno sa, nessuno controlla.

La pesca storica che ha caratterizzato il nostro territorio per secoli e secoli, già fonte di sostentamento per centinaia di famiglie si riduce così al minimo. La profonda crisi appare come qualcosa di irreversibile, calcolato e persino auspicato. E’ ormai da tempo che in marina, specialmente tra gli addetti ai lavori, gira una frase sconsolante ma condivisa: “la marina non è dei marinai” che esprime l’amarezza di essere divenuti un peso, un ostacolo per altre esigenze legate al commercio, ai servizi turistici e alle soddisfazioni estive.


Il settore risente molto dei costi connessi all’attività; come la manutenzione della barca, un vero e proprio costante investimento (motore, attrezzi elettronici, impianti di sicurezza da tenere efficienti per non ledere le normative); le norme igienico sanitarie sempre più stringenti, per non parlare delle normative fiscali (obbligo degli scontrini e tracciabilità dei pagamenti).

Altro patrimonio perso è rappresentato dai rapporti fiduciari interpersonali. Sono finiti i tempi in cui i marinai erano una corporazione unita, solidale e facenti parte di un unico corpo con tante membra. Ora si assiste ad una sorta di sciacallaggio tra gli stessi, ci si critica e biasima da una parte e dall’altra, si aprono guerre intestine per accaparrarsi l’acquirente del prodotto e, ultimamente, non sono mancati i tentativi di furto di reti e addirittura del pescato prima della raccolta delle reti. Per questo motivo e non solo, oggi gli attracchi sono videosorvegliati adeguatamente.

Solo perché si usufruisce di una certa economia di scala, i marinai castellammaresi aderiscono a due cooperative (“La Quarara” e la “Castellammare Pesca”), presso le quali confluiscono buona parte delle incombenze fiscali e amministrative dei marinai in esercizio. Solo pochissimi sono autonomamente organizzati.

Ma torniamo alla nostra pesca. Si riparte verso le sei di mattina per ritirare le reti. Non c’è rituale, non c’è alcuna scaramantica formula magica. La sorte, la fortuna e in alcuni casi l’intuito farà il resto.


A questo punto basta agganciare un’estremità della rete all’argano, in gergo “verricello”, e si inizia a issarle in barca. Considerata la scarsa quantità di pesce che ormai ha abituato i pescatori, con calma si procede alla smagliatura del pescato che finisce in un grosso contenitore con acqua e ghiaccio che conferisce al pesce una più apprezzata tonicità.

Ultimata questa cruciale attività, si ritorna in banchina per vendere il prodotto che, sulla via del ritorno, verrà selezionato e sistemato in cassette di polistirolo. Il mercato da il meglio di sé dalle ore 8:00 alle 9:30 circa.

Ad ogni barca e quindi ad ogni “ditta” è riservata, ai piedi del Castello Arabo Normanno che ne esalta l’immagine, una bancarella espositiva in acciaio inox che sono state realizzate grazie ad un finanziamento europeo di qualche anno fa.


Il prezzo di vendita segue le normali regole di mercato ed è solitamente determinato dalle quantità di pescato e dall’afflusso dei potenziali acquirenti nei dintorni. C’è anche da dire, tuttavia, che del pescato una buona parte, solitamente il pesce qualitativamente migliore e più grosso, è riservato alla rivendita (sono tre / quattro i punti fissi di rivendita e uno o due i rigattieri vecchio tipo) o ai ristoratori e per questo rimane in barca, ben nascosto alla vista. Questo non rappresenta certo un punto speculativo per la marineria, in quanto il prezzo di vendita è sempre stabilito dal mercato. L’aumento spropositato del prezzo indurrebbe gli acquirenti a rivolgersi presso altri mercati marittimi o verso il pesce congelato con conseguente rischio di rimanere invenduto.


I clienti occasionali comprano secondo gradimento il pesce esposto che a richiesta viene diliscato e pulito gratuitamente. Può capitare che sia esposto il cosiddetto “pisci manciatu”, cioè ammagliato ed eviscerato naturalmente o comunque maltrattato da altri pesci, che dai più scartato ma non certo dagli intenditori esperti che, anzi, lo preferiscono in quanto la mancanza della pelle aumenta la salinità della carne e una maggiore sapidità.

Altro aspetto che ai marinai non sfugge è che la fascia di età degli acquirenti occasionali in marina va sempre di più aumentando: se ne deduce che la nuova generazione va perdendo anche l’attaccamento al prodotto del territorio e la competenza nello scegliere i prodotti per la qualità e non solo per il prezzo.


Sono circa le ore 10:00, non c’è più gente che acquista o vende. E’ ora di dedicarsi alla manutenzione. C’è da riparare le reti strappate, c’è da controllare qualcosa nel motore della barca, c’è da fare un salto dal mastro d’ascia (l’unico rimasto a Castellammare è il sig. Cristian Aiello). Anche la “calafatura” è un antico ricordo; è da tempo che la pece ha lasciato il posto ai prodotti chimici industriali, anche più affidabili e duraturi.

Frattanto si è fatta ora di pranzo, lasciamo l’amico Nicola Dai davanti ad un piatto fumante di spaghetti ai frutti di mare e ad un secondo di pesce pescato 4 ore fa e sapientemente cucinato dalla sua signora. Avrà giusto il tempo di gustarsi la meritata leccornia, schiacciare un pisolino e giocare un po’ con i bambini, così che alle 17:00 in punto tutto sarà pronto per riprendere il mare per un’altra giornata da marinaio appassionato.


Rosaria Vitale


Articolo del 29 Marzo 2021








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