Oggi 10 gennaio ricorre il 56° anniversario della morte del “poeta”.
Castrenze Navarra nacque a Castellammare del Golfo il 19 maggio del 1892 (Stato Civile atto n. 360 del 22/05/1892), da Antonino Navarra, possidente, e Rosalia Camarda. Morì a Calatafimi nel 1965, all’età di 73 anni. Nella sua vita si misurò in tante attività, nella spasmodica ricerca della sopravvivenza visto il periodo storico in cui è vissuto, tuttavia la sua vita non fu mai agiata e, come si evince da molte sue liriche, non fu mai pienamente felice della sua esistenza.
Da fanciullo frequentò la chiesa e cantava nel coro parrocchiale. A circa quattordici anni, la prima grande svolta: si imbarcò come mozzo su una piccola nave mercantile che navigava prevalentemente nel mare Mediterraneo. Fece questo mestiere fino all’età di ventidue anni circa, provvedendo in parte ai bisogni della numerosa famiglia di origine (9 figli), tre fratelli e cinque sorelle. Questo lavoro, così duro e pesante, ma in continuo contatto con la natura, influenzerà non poco il suo estro poetico.
Ritornato sulla terra ferma e ancor prima che si udissero in provincia di Trapani i rumori della prima grande guerra, Castrenze si cimentò nella lavorazione della cera. Per circa dieci anni si dedicò alla realizzazione e al commercio di candele.
Nel 1923, all’età di circa trentuno anni, partì per Milano con l’amico Gaspare Galante. L’Italia faceva già i conti con il regime fascista; tutto era in fermento, tutto era controllato, tutto seguiva l’iter prestabilito dal “nuovo Garibaldi in camicia nera”. L’idea che balenava nella testa di Castrenze e che ai più sembrava stravagante divenne suo primario obiettivo: la fotografia. A Milano conobbe Rodolfo Nimias (chimico, saggista e fotografo, autore di svariati libri sulla tecnica della fotografia, tra i quali il più noto è l’Enciclopedia Fotografica). Studiò a suo fianco e da lui acquisì tecnica e passione.
Tornò a Castellammare del Golfo dopo circa un anno per mettere a frutto il suo sapere. Aprì il suo studio fotografico in Corso Garibaldi, di fronte l’attuale Chiesa del Purgatorio. Da questa attività, per molti versi anacronistica, ne trasse di che vivere fino alla pensione.
Nel frattempo il nostro Castrenze Navarra non mancava di dilettarsi quasi sistematicamente nell’arte della poesia. Il materiale lasciatoci in eredità segue passo passo le vicende della sua vita, quasi come un compagno di viaggio.
Alcune delle fasi della sua vita, come traspare dalle sue liriche, ci parlano di un fervido contraddittorio interiore, in linea con il dissesto sperimentato nella società di quei tempi. Ad esempio, da fervente cattolico, Castrenze diviene un convinto comunista e per di più marxista. Due aspetti della sua vita che hanno dimorato insieme e dai quali non si separò mai. Le sue scelte politiche erano palesemente inconciliabili con il movimento politico nel contesto del momento. Durante questa fase della sua vita, infatti, la sua “strana” fede politica gli creò non pochi problemi. Da diverse fonti si è appreso, che spesso veniva “richiamato” nella sede del partito fascista di Castellammare, sito nell’attuale Corso B. Mattarella, e lì costretto a misure correttive consistenti in abbondanti dosi di olio di ricino. E’ altrettanto risaputo, comunque, che ingerita la disgustosa quanto usuale bevanda, osava dire “Potete liberarmi l’intestino, ma non riuscirete a liberarmi il cervello”, oppure “Quando devo venire di nuovo?”. Altrettanto noto era il trattamento che il partito fascista gli riservava ogni volta che Castellammare ospitava un qualunque personaggio politico di rilievo: veniva sistematicamente messo in carcere assieme ad altri dissidenti o suoi simpatizzanti.
Come detto sopra, Castrenze Navarra non smise mai di scrivere in versi, anche quando tutto sembrava crollargli addosso, trovava il tempo di ripulirsi lo spirito, spesso ironizzando. Coltivava la sua passione per la poesia descrivendo la natura, l’amore e la condizione umana. Pubblicò la sua prima raccolta di poesie nel 1923 dal titolo: “Passioni d’amuri”, un’opera pregna di un alto sentimento amoroso rivolto ad una donna che lui chiamava Villanti. Forse, così come si deduce dai suoi scritti, quella donna rappresentò il suo unico e vero amore; probabilmente era una maestra di scuola, la cui vera identità non è mai stata rivelata. Come in un classico spaccato di vita siciliana, questo amore, più che non corrisposto, sembra che fosse osteggiato dai genitori di lei perché costretta a sposare un giovane benestante contro la sua volontà.
La verità su questa devastante esperienza di vita, non si è mai saputa. Di certo rimane traccia indelebile nella sua poesia, che senza alcuna esitazione possiamo definire tra le sue più belle poesie d’amore pubblicate nella sua prima raccolta di poesie.
Il suo estro poetico oltrepassò subito gli stretti confini comunali: il nostro Poeta fu costantemente in contatto con i maggiori poeti siciliani del momento, tra i quali Vincenzo De Simone, Ignazio Buttitta, Giuseppe Nicolosi Scandurra e Giovanni Formisano, attraverso le varie riviste siciliane di poesia dell’epoca alle quali collaborava attivamente, come la rivista “Po' tu cuntu” di Palermo.
Nel 1938, in pieno regime fascista pubblicò la raccolta di poesie“Timpesti e carmarii”, seguita nel 1962 da altra raccolta dal titolo “Tizzuna”, dedicata al Preside Francesco Leone che ne curò la prefazione.
Ai più sconosciuta è l’opera mai pubblicata da Castrenze Navarra dal titolo “Navutru munnu”. Si tratta di un poema composto da 2105 versi nella cui introduzione il poeta scriveva: “Navutru munnu è cosa utile a questa smarrita umanità, e sono lieto di rendermi gradito a Dio”. Queste ultime parole “gradito a Dio”, saranno successivamente sostituite con “gradito alla mia coscienza”. Ciò forse fa trapelare una sua tendenza all’ateismo, cosa che infatti si nota maggiormente in alcune delle sue ultime poesie.
Nella raccolta “Tizzuna”, una delle sue poesie dal titolo “O Conca d’oro” ebbe l’onore di essere musicata dal Maestro Anton Rocco Guadagno[1]. Scrisse alcuni saggi in lingua italiana, tra i quali “Pace” (1937 ca.) e sviluppato in circa 100 pagine e “L’istinto e l’ambiente del benecomune”, verso la fine dell’anno 1963.
Negli anni della maturità ebbe l’occasione di conoscere e frequentare una vedova di Balata di Baida, con la quale nel 1954 si unì in matrimonio. Pur essendo un comunista attivo, dopo ampie pressioni esercitate da alcuni amici, si sposò in chiesa e non in sacrestia come pretendeva il parroco di allora.
Dopo il matrimonio si trasferì a Calatafimi dove visse con la misera pensione fino alla sua morte. Le sue spoglie mortali riposano nel cimitero comunale di Castellammare del Golfo. A tal proposito riporto l’ultima strofa di una mia riflessione poetica (tratta dalla raccolta “Sbrizzi”) in memoria di Castrenze Navarra:
(…)
M’inchinu cu rispettu, e poi salutu
li spogghi toi sutta sta balata,
poi leggiu l’epitaffiu, e restu mutu!
“Vurria l’umana genti affratiddata!”
Quanto sopra riportato è lungi dall’essere considerato esaustivo nel delineare la personalità artistica e umana di Castrenze Navarra. Vuole invece essere l’ennesimo modo di rendergli onore come uno dei principali grandi poeti castellammaresi. A lui, come si ricorderà, negli anni settanta, l’Amministrazione Comunale ha intitolato una scuola.
Intendo porgere un sentito ringraziamento a nome personale e dell’Associazione Kernos - Promozione del Territorio, alla Dott.ssa Marianna Sarcona che nell’anno accademico 1974/75 si occupò magistralmente di Castrenze Navarra, presentando su di lui la sua tesi di laurea. Parecchie notizie qui riportate sono state attinte dal suo lavoro.
In conclusione e quasi a voler rimarcare il suo perenne stato d’animo costantemente proteso verso il nobile sentimento dell’amore, riporto una breve lirica tratta dalla raccolta “Tizzuna” dal titolo
“SILENZIU SPIRANZUSU”
Eramu amici affabili e sinceri
e tuttu ni sapiamu cunfirari;
ma eu nun mi firava a dichiarari
di l’arma mia li ‘ntinzioni seri.
Mi dissi un jìornu: - Senza na mugghieri,
senza n’amanti tu nun poi campari. -
Rispusi: - Sì; vurria a na donna dari
ànima e corpu, òpiri e pinzeri.
E tu, Nidduzza, senza un omu ardenti
vò stari sula na la to privanza? –
Ristau pinzusa, senza diri nenti,
cu l’occhi ‘nterra, bedda, saggia, manza.
E ddu silenziu magicu e putenti
jnchiu lo cori meu di na spiranza.
Articolo di Mario Maimone
[1] Anton Rocco Guadagno (Castellammare del Golfo 02/05/1925 – Vienna 16/08/2002) ha studiato al Conservatorio di Palermo e all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Si perfezionò al Mozarteum di Salisburgo con Herbert von Karajan. Vinto il primo premio in direzione d'orchestra nel 1948, ha lavorato in America meridionale e a Città del Messico. Dopo il debutto negli Stati Unito nel 1952, ha calcato il podio nei principali teatri nel mondo. Dal 1984 e fino alla sua morte fu direttore stabile della Palm Beach Opera.
Articolo del 10\01\2021;
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