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Eufemio, re siciliano. Riflessioni ai tempi del Coronavirus.

Aggiornamento: 23 gen 2021

In questo momento di grande sofferenza per il nostro Paese, in questi istanti interminabili dove le domande spesso non trovano le risposte che vogliamo e gli interrogativi rimangono sospesi, lasciando dentro di noi vuoti incolmabili, la mente fa strani voli.

Tra notizie allarmanti, tra curve in salita, ricette - più o meno succulente, rimedi casalinghi per tenere lontano il virus, in quel palcoscenico mediatico che ha dato voce a tutti e dico “tutti”, la pazienza inizia a diminuire.

A mio parere, abbiamo bisogno di quel giusto “moto di orgoglio” per riscattarci, per somatizzare le perdite, i tradimenti, le quarantene. Ci occorre il sussulto da siciliani veri, per digerire la sensazione di essere rimasti soli, come Stato in una Europa Unita (almeno nelle intenzioni), come Italia, definitivamente divisa, in cui è meglio parlare della lite mediatica tra un medico del “nord” e uno del “sud”, come Sicilia, terra abbandonata e lasciata ai margini, una parte della Terronia.

C'è necessità, e ne sento proprio il bisogno, di ritrovare la “dignità perduta”, di riscoprire l'orgogliosa fierezza di un Popolo, quello siciliano, che nel passato ha saputo, per sopravvivere, amalgamarsi alla tante civiltà che si sono succedute, creando dei movimenti e stili unici e irripetibili, in tutti i campi pregni di sicilianità.


E così, nel tanto tempo a disposizione regalatomi dalla forzata quarantena, è stato bello e gradevole riprendere qualche vecchio libro di storia e studiare il nostro passato. Questo mi allontana dai brutti pensieri e, nel contempo, ha accresciuto le mie conoscenze.

Ho iniziato così a sfogliare un grosso volume della storia della Sicilia e, casualmente, mi sono soffermata a leggere la breve e unica storia di Eufemio da Messina, il primo Re e Imperatore autoctono di Sicilia.

Venne proclamato tale dal suo popolo nell’823, in un periodo buio della storia della nostra terra. Siamo, infatti, a cavallo tra la fine della dominazione Bizantina e la conquista dei Saraceni che, già da due secoli, minacciavano con continue razzie le nostre coste.

Eufemio da Messina che fa?

Riesce a formare uno Stato autonomo, una realtà sovrana, un regno indipendente, non legato a regni e a fattori esterni, con una propria amministrazione e una classe politica tutta siciliana.


Non è il mio sogno di adesso, intendiamoci, ma è successo davvero!

Ma, come spesso capita, non tutti hanno capito veramente cosa fosse la libertà, cosa significasse poter vivere delle proprie risorse e come saperle sfruttare nel modo migliore.

Al tempo di Eufemio da Messina, come ancora ora, c'è sempre qualcuno che non si accontenta e vuole di più. E’ lì che il tradimento si annida.

Re Eufemio viene tradito dai suoi stessi uomini. Fugge dalla Sicilia.

Ma commette un grande, anzi grossolano, errore; fugge dalla parte sbagliata. Lui è un turmarca, un comandante militare di terra e di mare, non è uno statista e neppure un politico.

Si rifugia presso una tribù di arabi nell’attuale Tunisia, ai quali chiede aiuto affinchè possa ritornare in Sicilia e riprendere il controllo dell'isola.

Mai scelta fu più sbagliata: presto Eufemio, l'ingenuo Eufemio, se ne accorgerà.

Ritornerà in Sicilia nell'827, gli faranno credere di essere di nuovo il Re di Sicilia, ma sarà di nuovo tradito, dagli stessi invasori arabi e dai suoi cari amici.

Siamo nell'829, Eufemio finisce la sua nobile avventura nel peggiore dei modi. Due amici d'infanzia sono con lui; mentre uno di loro lo abbraccia fraternamente, facendogli credere di essere leale e favorevole alla causa, l'altro lo colpisce mortalmente alla nuca.

Finisce così nel sangue la storia effimera di Eufebio, primo e unico Re, tutto siciliano.

E nei miei sogni di rivalsa, di siciliana verace, mi piacerebbe tanto che questa piccola storia potesse diventare un esempio per noi tutti, che abbiamo affrontato fatiche, sofferenze, lotte, ieri e ancora oggi, che abbiamo subito tradimenti dai nostri stessi amici, che abbiamo votato ed eletto persone verso le quali abbiamo riversato la nostra piena fiducia, pensando che potessero lavorare per portar avanti la propria e la nostra terra.

Certo la storia di Eufemio finisce in maniera orribile, per lui e per noi siciliani, ma da questo episodio, a mio avviso, possiamo e dobbiamo cogliere un insegnamento: siamo un popolo, con grandi potenzialità, abbiamo fatto grandi cose, non fidiamoci delle belle parole e dei tornacontisti, andiamo avanti promuovendo le nostre ricchezze e le nostre bellezze.

Eufemio non c'è riuscito, chissà se questi sono i giorni per prendere coscienza delle nostre capacità e ritentare.


Rosaria Vitale


Articolo del 27\03\2020;


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1件のコメント


f.scostabile
2020年3月27日

Ancora una volta si evidenzia come il problema non è il territorio, ma coloro che lo occupano. Il povero eufemio pensava che avendo cercato di proteggere il popolo del quale 'si riteneva' essere il re, lo avrebbe seguito ed osannato,....mai avrebbe potuto pensare che il traditore per eccellenza era il 'migliore amico'. Nulla è cambiato nei secoli. Il tradimento viene sempre dall'interno. Nella storia ognuno che ha avuto la possibilità di cambiare il mondo è finito per essere tradito. Questo sino ai nostri giorni, passando per garibaldi, mussolini, costituenti, a finire ai governi che arrivano ad oggi. Ognuno ha sempre pensato per se. Noi siamo il problema, non possiamo essere la soluzione.

Franco.

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