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I Tarocchi, un gioco antico e tutto siciliano

Quando si dice Tarocchi immediatamente nel nostro immaginario prendono forma sfere di cristallo e urlanti cartomanti televisive, oppure da siciliani si pensa a una bella cesta di arance succose. In pochi sanno che, oltre a essere state usate nella storia per avere risposte dal divino[1], le carte dei Tarocchi sono principalmente bellissime carte “da gioco”.


E sono ancora meno quelli che sanno che in Sicilia esistono tuttora sparuti gruppi di giocatori di questo incredibilmente complesso gioco di carte, diverso sia per il mazzo usato, sia per le regole di gioco, da tutti gli altri Tarocchi che si sono diffusi nei secoli.


“Il gioco dei tarocchi siciliani è un gioco sofisticato e difficile[2]” paragonabile per la sua complessità al gioco degli scacchi, e se a dirlo è Simone Cardullo, che insieme a Salvatore Bonaccorsi, è uno dei giocatori più autorevoli, c’è da crederci.


Il prof. Michael Dummett a un convegno a Mineo

Ciò che sappiamo sui tarocchi siciliani lo dobbiamo quasi interamente a uno studioso, filosofo analitico e docente di Logica presso l’Università di Oxford, considerato il massimo esperto mondiale del gioco dei tarocchi: l’inglese Michael Dummett (1925-2011), alla cui memoria è dedicata anche l’unica associazione siciliana attualmente attiva nella diffusione del gioco dei Tarocchi Siciliani: la Michael Dummett di Catania[3], che dal 2014 si pone come obiettivo principe la salvaguardia di questo gioco e della saggezza a questo connessa. È proprio grazie a questo studioso che oggi, anche al di fuori dei ristretti circoli dei giocatori, tutti possiamo farci un’idea su questo gioco e sulla sua storia. Fu proprio a Calatafimi che Dummett ebbe il primo contatto “dal vivo” con i tarocchi, nel maggio del 1971.


Il mazzo di tarocchi siciliani è composto da 64 carte, ed è fabbricato dalla ditta Modiano di Trieste (tranne che per i giocatori Calatafimesi che per una serie di curiose motivazioni[4] usano il tarocco piemontese). Sono molto diverse dalle normali carte che usiamo per giocare a Scopa o a Briscola, tranne ovviamente per i “semi” che sono sempre Spade, Mazze, Coppe e Denari.

L’unico “asso” presente nel mazzo è quello di denari (che a parte in una variante del gioco viene solitamente scartato), e tutti gli altri semi hanno carte numerate dal 5 al 10 (solo nei denari è presente anche il 4). In più ci sono quattro “figure” (in ordine discendente di valore): Re, Regina, Cavallo e Donna.


Ma ciò che fa la differenza in ogni mazzo di tarocchi è la presenza di 22 carte aggiuntive, che non competono a nessun “seme”, i veri e propri Tarocchi (o Trionfi – Trunfi in dialetto siciliano) che danno il nome al mazzo e che davvero sono dei piccoli capolavori di estetica e allegoria: per questo ho deciso di pubblicarne le foto con la simbologia di massima[5].


- LA MISERIA -non numerata, carta dal valore più basso- Rappresenta l’arte di arrangiarsi, il mendicare per vivere, ovvero il vivere di espedienti


1. I PICCIOTTI (detta anche i BAGOTTI) – Rappresenta la volontà, l’abilità, l’astuzia, la diplomazia, la destrezza


2. L’IMPERATRICE –Rappresenta la saggezza


3. L’IMPERATORE – Rappresenta il potere terreno esecutivo


4. LA COSTANZA – Rappresenta la stabilità e la fedeltà dei sentimenti


5. LA TEMPERANZA – Simboleggia la virtù della temperanza


6. LA FORTEZZA – Simboleggia l’intelligenza e il coraggio che domina sul potere brutale


7. LA GIUSTIZIA – Simboleggia il diritto, l’equanimità e il castigo


8. L’AMORE – Simboleggia la passione, l’unione delle forze terrene, l’amore ricambiato


9. IL COCCHIO – Rappresenta la gloria e il successo degli uomini


10. LA RUOTA DELLA FORTUNA – Simboleggia l’alternarsi della fortuna, la propensione al potere e la fragilità del successo


11. L’IMPICCATO – Allegorizza la punizione pubblica dei reprobi


12. L’EREMITA – Simboleggia la meditazione


13. LA MORTE Rappresenta l’equanimità della morte che colpisce tutti i soggetti detentori di qualsiasi potere


14. IL VASCELLO – (è importante notare che questa carta sostituisce "il Diavolo" dei classici marsigliesi). Simboleggia la sublimante e mai paga ambizione dell’uomo a ricercare l’ignoto


15. LA TORRE- Simboleggia l’impenetrabilità e la durezza dell’animo dell’uomo


16. LA STELLA – Simboleggia l’amore carnale in tutte le sue variegate capacità espressive


17. LA LUNA – Simboleggia il riposo e la devozione per quanti ne sono degni


18. IL SOLE – Simboleggia la malvagità naturale dell’uomo, indotta talora dalle regole della sopravvivenza


19. LA PALLA (o BALLA, detta anche L’ATLANTE) – Simboleggia l’antico sforzo dell’uomo di padroneggiare il mondo, divenendo egli il solo artefice del proprio destino


20. IL GIOVE – Simboleggia la maestà e l’inflessibilità del potere


-IL FUGGITIVO (LU FUJUTU) – non numerato e non compreso nel conteggio dei Trionfi- Simboleggia la libertà di riscatto dagli stereotipi, simulata spesso da una sana follia



Indietro nel tempo:


I primi Tarocchi di area italica di cui siamo a conoscenza risalgono al XV secolo[6], e si diffusero inizialmente nelle corti principesche del Nord Italia: Ferrara (dal 1442), Milano (1435), Bologna (1459) e Firenze. Solo due secoli dopo sono apparsi anche in Sicilia, e come spesso accade ai fenomeni culturali, subirono diverse modifiche, sia nelle immagini sia nelle regole del gioco.


Francesco Maria Emanuele Gaetani marchese di Villabianca, vissuto a Palermo tra il 1720 e il 1802, nel suo opuscolo intitolato De giuochi volgari in generale sì di mano che di sorte esercitati nella Sicilia, scrive:


«Il giuoco de Tarocchi fu portato in Sicilia dal fu Vicerè Francesco Gaetani duca di Sermoneta che fiorì nel 1662 e da lui insieme a noi fu dato il giuoco or fatto raro delli Gallerini[7]»


Inizialmente era l’aristocrazia che usava i tarocchi come diversivo nelle giornate sempre troppo uguali, fu solo nel corso del XIX secolo che il gioco si diffuse trasversalmente in tutte le classi sociali e divenne popolare in tutto il territorio dell’isola. Quattro piccole città da oriente a occidente vantano tuttora un discreto numero di giocatori, che negli ultimi anni ha ricominciato a crescere sensibilmente: Barcellona Pozzo di Gotto (ME), Calatafimi (TP), Mineo (CT) e Tortorici (ME).


I mazzi più antichi dei tarocchi siciliani sono databili al tardo XVIII secolo e sono formati da 63 carte[8], di cui purtroppo solo 54 sono giunte fino a noi e sono attualmente conservate al Museo etnografico siciliano Giuseppe Pitrè di Palermo, presso cui si possono ammirare anche un paio di matrici in legno usate per la stampa.





Articolo di Alessandra Tamburello


15\03\2021



[1] Cfr. Michael Dummett, I tarocchi siciliani, Ed. La Zisa, 1995, pag. 31-32, 161 e sgg. L’uso dei Tarocchi a scopo divinatorio si diffuse soprattutto in Francia a partire dalla fine del XVIII sec., quindi molto dopo all'introduzione del mazzo (compreso di Tarocchi o Trionfi) a scopo esclusivamente ludico. Inoltre è stato ampiamente dimostrato che le teorie fantasiose che riconducono l’origine del simbolismo dei tarocchi all'Antico Egitto o alla Cabala ebraica, sono –appunto- frutto di fantasia. La riflessione però a mio parere non può prescindere dal chiedersi come mai si siano scelti certi temi e a quei temi si sia fatta corrispondere una certa allegoria che ha ispirato così tanto trasversalmente la fantasia di donne e uomini dal medioevo a oggi. Risulta evidente dall'osservazione attenta dei Trionfi che le loro immagini hanno il potere di evocare, ispirare e parlare, collegandosi volta per volta a una sfumatura diversa che ne rivela il background culturale estremamente variegato, al di là di quale possa essere la loro “vera” matrice storica. Per questi e altri motivi in calce alle foto dei Trionfi ho voluto inserire la simbologia di massima di cui ognuno è espressione. Personalmente ritengo valido l’approccio di Alejandro Jodorowsky, riconosciuto come uno dei massimi esperti del ramo francese dei Tarocchi, che invita –in assenza di dati storicamente accertabili- a “lasciar parlare i tarocchi stessi” (cfr. A. Jodorowsky, La via dei Tarocchi, Universale Economica Feltrinelli, 2004) [2] Simone Cardullo, I tarocchi siciliani, Giambra Edizioni, 2014 (da questo testo è tratta anche la foto che ritrae il prof. Dummett durante un convegno tenutosi a Mineo con i quattro rappresentanti delle città siciliane in cui si gioca il tarocco)

email: giocotarocchisicilia@gmail.com [4] Fino al 1929 i giocatori siciliani compravano i loro mazzi presso la ditta Murari di Bari. A seguito della chiusura di questa fabbrica fu la ditta di Concetta Campione di Catania che iniziò a stampare il tarocco siciliano e rifornire i circoli della provincia di Catania e Messina. Ma Catania nel 1929 era praticamente un altro mondo per i giocatori calatafimesi, che non vennero mai a sapere di questa novità. Pertanto dovettero adattare al loro gioco il tarocco piemontese, ben più facile da trovare. Nel 1966 la Modiano iniziò la produzione del Tarocco Siciliano. [5] Per le descrizioni delle carte, cfr. Simone Cardullo, op. cit. pagg. 39 e sgg.

[6] La prima apparizione delle carte da gioco in Europa risale circa al 1395 e si trattava dell’originale mazzo in uso nel mondo islamico, con cui le carte siciliane hanno tuttora moltissime similitudini. A richiamare questa matrice araba il dorso dei Tarocchi (vedi foto) presenta ghirigori bianchi su fondo nero, che contornato due teste chiomate a tre gambe, antico simbolo della Trinacria.

[7] Gallerini era il nome del gioco che si era inizialmente diffuso in Sicilia, derivante dalla variante fiorentina originariamente conosciuto come Germini e che dal XVII secolo acquisì il nome di Minchiate. Fu da questa variante del gioco che qualche decennio dopo i giocatori siciliani diedero la loro personale influenza al mazzo. [8] Manca l’asso di denari, aggiunto solo nel 1862, per la necessità di avere una carta con lo spazio opportuno per opporre il timbro di una nuova tassa sulle carte, poi soppressa negli anni '70 con l'introduzione dell'IVA







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