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Il castello di Inici nella storia e nella ricostruzione di G. Bosco - Giuseppe Vito Internicola

Prima di ammirare il plastico del castello di Inici magistralmente realizzato di Giuseppe Bosco, vediamo di quali vicende umane sono testimonianza le rovine del castello.


Il territorio di Inici appartenne per lungo tempo alla famiglia Abbate di Trapani. Enrico e Giliberto Abbate comprarono Inici nel 1233. Col favore dell’imperatore Federico II, si impossessarono di una vasta zona del trapanese che comprendeva Calatubo, Inici, Ummari, Chinea, Simeni, Culcasi e Baida.

Erano terre e casali che erano riusciti a sottrarre ai mussulmani, che si erano ribellati all’imperatore. Diventati nuovi proprietari, vi facevano pascolare i loro armenti e vi producevano ingenti quantità di frumento che con la loro flotta collocavano nel mercato nord-africano.


Furono gli Abbate, per esigenze di difesa del territorio, a costruire la massiccia torre merlata dalle caratteristiche prettamente trecentesche. Danneggiata dal terremoto del 1968, è miseramente crollata il 28 dicembre 1998.

Il documento più antico conosciuto che si riferisce a tale torre è del 1475. Un palermitano, in viaggio in piacevole compagnia e con donne verso Erice, “pi la festa di mezzaustu, a celebrare Venere, come si soleva fare”, raccontava di avere pernottato nella torre.

Dagli Abbate il territorio passò nel 1370 ai La Mannina. Peri La Mannina lo comprò da Nicola Abbate.


I La Mannina, nobili ericini imparentati con i Chiaromonte, furono proprietari anche della tonnara di Scopello. Per lungo tempo la tonnara di Scopello ed Inici furono degli stessi proprietari. Ai La Mannina si deve probabilmente la costruzione del primo cortile del castello, con la cappella e con ambienti sotterranei con funzioni di cantina.

Madonna Bartolomea La Mannina, ultima erede di tale famiglia, sposò il cavaliere catalano Messer Giovanni Sanclemente (così risultano i nomi nella documentazione) e così Inici divenne proprietà della famiglia Sanclemente.


Famiglia di grande rilievo nella Trapani del 1500, vi esercitò le cariche pubbliche più importanti e vi costruì un maestoso palazzo, che dotò di merli su permesso del re.

Simone Sanclemente nel 1508 ottenne da Ferdinando il Cattolico che il territorio di Inici fosse elevato a baronia e, per sé e i suoi successori, il titolo di “don”.

Fu lui ad accogliere nel 1535 nel castello di Inici Carlo V, di ritorno dal nord-Africa, e non Giovanni Mastrandea, come in una fantasioso racconto della famiglia alcamese.


La famiglia ampliò il castello con la costruzione del secondo cortile. Due torrette proteggevano l’acceso ai cortili. Costruì grandi magazzini e ambienti di lavoro.

Le strutture fondamentali del castello non si riferiscono alla difesa (gli elementi di difesa sono limitati), ma a sostenere una grande impresa economica che curava l’allevamento, la cerealicoltura, le colture specializzate della vite e dell’ulivo, la silvicoltura con il taglio

della legna e la produzione del carbone, la gestione delle antiche niviere.

I Sanclemente si scontrarono a Trapani con i Fardella per il controllo della città. Non ne uscirono vincitori e si trovarono in difficoltà finanziarie che li costrinsero prima a far debiti, poi addirittura a vendere Inici ai Mastrandrea di Alcamo.

In un secondo momento, migliorata la situazione economica, riuscirono a ricomprare Inici allo stesso prezzo.


Alla fine del 1500, dopo la morte di Simone II Sanclemente, alle eredi, la madre Donna Allegranza e la sorella Donna Francesca, “ci parsi bonu per il bene della loro anima”, di lasciare la parte ad ognuna spettante, sia di Inici che della tonnara di Scopello, la prima ai Gesuiti di Trapani, la seconda al monastero da costruire di Sant’Andrea. Solo un grande sentimento religioso può giustificare tale scelta, che tra l’altro non fu accettata dagli altri componenti della famiglia.

La donazione ai Gesuiti poneva nelle loro mani notevoli risorse finanziarie per completare il Collegio ed innalzare una grande chiesa ed il palazzo degli studi annesso, sulla rua magna, oggi Corso Vittorio Emanuele, a Trapani. I Gesuiti furono in possesso di Inici e della tonnara di Scopello per 170 anni fino alla soppressione dell’ordine nel 1767.


Continuarono le attività economiche avviate dai Sanclemente. Restaurarono il castello, affidarono a Domenico La Bruna la realizzazione di affreschi nella cappella, in buona parte salvati da Padre Romano e collocati presso la Chiesa Madre di Castellammare.

Costruirono a Castellammare, vicino la chiesa del Purgatorio, un grande macaseno, in cui affluiva il frumento, pronto per la esportazione. Si trovava dove è adesso il Palazzo Plaia.

La gestione non avveniva in maniera diretta. Erano grandi imprenditori che se ne occupavano, prendendo o Inici o la tonnara in gabella per periodi pluriennali. Nel contratto di gabella era stabilita la somma annua dovuta ed erano posti a disposizione ambienti ed

attrezzature, necessari per la gestione. Contratti di gabella e inventari dei beni, in occasione delle successioni dei baroni, ci danno spesso notizie preziose sulla evoluzione delle strutture del castello.


I grandi imprenditori, che avevano preso in gabella il territorio di Inici, concedevano agli allevatori molte terre, soprattutto quelle incolte, la boscaglia ed i prati della montagna. I documenti riferiscono di migliaia di capi di ovini, bovini, cavalli e maiali. La baronia da tempo

antico si articolava in marcati.

Le altre terre venivano concesse, annualmente e divise a lotti, a contadini provenienti da Alcamo, Calatafimi, Castellammare o addirittura da Monte San Giuliano. Nei contratti veniva stabilito il quantitativo di grano o orzo dovuto, che, indipendentemente dell’andamento dell’annata agraria, doveva essere consegnato al castello ad appositi incaricati. Le coltivazioni prevalenti erano ovviamente quelle cerealicole.

Altri contadini erano assunti quali annalori, o lavoratori a giornata, per curare vigneti, uliveti, e colture a piante da frutto.


Nel 1767 fu soppresso l’ordine dei Gesuiti. Era intenzione del governo borbonico distribuire le terre di Inici ai contadini.

L’operazione ebbe un esito diverso per l’opposizione dei baroni e dei grandi imprenditori, a cui facevano gola le terre dei Gesuiti. Arrivarono ad affermare che la concessione delle terre ai contadini avrebbe messo in crisi l’agricoltura, in quanto privato di braccia le loro terre.


Ad Inici si combatté nel 1770, ben prima della rivoluzione francese, un’ autentica lotta dei contadini per il possesso della terra.

In un primo momento le terre di Inici erano state addirittura assegnate in lotti ai contadini per un canone annuale. Il Governo, cedendo alle pressioni dei baroni, improvvisamente raddoppiò il canone annuale dovuto. I contadini presero un battello e si recarono in massa a protestare dinanzi il palazzo reale a Palermo. Fu tutto inutile e furono costretti a rinunciare alle terre loro assegnate, non essendo per loro sostenibile il pagamento del canone maggiorato.


E fu cosi che l’intera baronia fu venduta all’asta nel 1779 al marchese Agostino Cardillo. Qualcosa di simile avvenne per la parte del territorio di Inici appartenente al Monastero di Sant’Andrea (Balata d’Inici e Pocorobba) che finì nel 1866, in seguito alla Soppressione delle Corporazioni Religiose, nelle mani di grandi imprenditori e baroni trapanesi e dell’affittuario Cassarà.

I marchesi Cardillo ed i loro successori Alliata, restaurarono in più occasioni parti del castello, destinarono alcuni ambienti ad altro uso ed aggiunsero stanze nel primo cortile.

Tra il 1860 e i primi anni del millenovecento finalmente la terra di Inici arrivò ai contadini, venduta a lotti dai marchesi Cardillo ed Alliata e dagli imprenditori e baroni trapanesi, che fecero chiaramente lauti guadagni.


Per la vendita delle terre di Balata d’inici e Pocorobba fu intermediario l’abate Ignazio Galante. Ebbe in premio due lotti di ben 200 ettari di terra a Balata.

Con la distribuzione delle terre ai contadini, alle colture cerealicole si associarono sempre più i vigneti, gli uliveti e le colture specializzate. Sorse l’esigenza per i contadini di avere la casa là dove era la propria terra. Molti si stabilirono con la famiglia negli ambienti del castello, loro venduti insieme ai lotti di terra, o costruirono nei dintorni casi e macaseni.

All’inizio del 1900 molti si associarono in cooperativa per vendere insieme i prodotti, per assumere in comune lavori o per stipulare contratti di gabella di terre.


Il castello divenne un piccolo centro abitato e ben presto vi si insediarono anche i carabinieri, arrivò l’ufficio postale e fu istituita una classe di scuola elementare. Un cappellano con regolarità diceva messa la domenica nella cappella. Tale situazione durò fino agli anni cinquanta del secolo scorso.

Nel castello furono aggiunti allora alcuni ambienti, altri furono modificati per nuova destinazione o furono suddivisi. Furono, inoltre, create nuove aperture verso l’esterno, prima non previste.


A tale ultimo periodo si riferisce la ricostruzione fatta da Giuseppe Bosco.


Che dire del lavoro di Giuseppe Bosco ?

E’ il terzo lavoro che porta a termine con la mia collaborazione, dopo i castelli di Castellammare e Baida.

Grande disponibilità ad accogliere suggerimenti e proposte, fantasia, gioia, entusiasmo e passione nell’affrontare questa impresa non certo semplice, impegno ed inventiva nell’individuare le soluzioni pratiche, nella ricerca e nell’uso dei materiali, nella modellazione e nella colorazione, appassionata cura dei particolari, voglia di popolare di persone, di cose e di animali gli ambienti e gli spazi, per farli concretamente rivivere.

Tutto questo ha dimostrato Giuseppe Bosco.


La comunità di Castellammare deve essere contenta di questo lavoro, che consente di avere una puntuale e precisa ricostruzione del castello di Inici, che tanta importanza ha avuto nella sua storia.

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