Fino agli anni cinquanta del secolo scorso a poca distanza dall’ingresso del castello di Baida su terrenu cumuni, come si diceva allora, esisteva un’antica fontana, provvista di un lungo abbeveratoio e circondata da un lastricato.
Nei documenti risultava come Bevaio di Baida, mentre la popolazione la chiamava Abbiviratura ri Baria.
Da bambino ho visto più volte la popolazione, proveniente dai bagli e dalle case sparse nel territorio, riunirsi d’estate in allegria intorno alla fontana dopo la messa domenicale o in occasione della festa di la Matri Sant’Anna.
Poiché la fontana era ridotta in cattive condizioni, piuttosto che restaurarla, si preferì costruire più a valle in prossimità della strada una nuova fontana. La vecchia struttura non demolita durante i lavori, ma privata dell’acqua, fu lasciata all’abbandono e al degrado. Fu sommersa nel tempo da rifiuti, da materiali e pietrame di scarto, ed assalita dalla vegetazione spontanea.
E’ però una testimonianza preziosa del passato che andrebbe recuperata e resa ancora visibile.
Non deve sorprendere che dinanzi ad un castello sorga una fontana-abbeveratoio per gli animali. La baronia di Baida, di cui il castello era il centro gestionale, traeva le proprie risorse economiche dalla produzione del frumento, ma anche dall’allevamento del bestiame.
La fontana era stata costruita dai baroni a servizio dei pochi abitanti che stabilmente risiedevano nel castello, ma soprattutto per abbeverare le greggi o le mandrie di buoi che nella zona trovavano pascoli ricchi per il loro sostentamento.
Altre mandrie transitavano e si fermavano a bere l’abbondante acqua. Si spostavano per raggiungere le distese erbose di lu Sparaciu, di l’Azzalora, di lu Chianeddu, di La Scardina o di Li Acci.
I Fontana, i Bonura e i Maranzano, grandi allevatori di Buseto, alla metà del 1800 acquistarono in tali contrade molte salme di terreno per l’allevamento, ma nello stesso tempo gestivano in gabella i territori di Colli e Menta, della baronia di Arcudaci e dello Stato di Tursi. Spostavano i molti capi di bestiame che possedevano secondo le stagioni e la disponibilità di pascolo e foraggi. Punto di passaggio obbligato fu la fontana del Castello di Baida.
Il castello con la sua fontana si trovava in un importante incrocio di antiche trazzere che favorivano tale autentica transumanza del bestiame, ma anche lo spostamento della popolazione che avveniva allora a dorso di mulo.
Antico schizzo con particolare della trazzera da San Vito a Vita. La freccia indica Abbeveratoio Castel di Baida al centro di un incrocio viario.
(Ufficio Tecnico Speciale - Trazzere di Sicilia - Palermo)
C’erano l’importante trazzera che da San Vito andava a Vita,[1] la trazzera, detta via del re, che venendo dal mare si dirigeva, dopo il castello di Baida, verso Monte San Giuliano e Trapani, la trazzera che giungeva da Castellammare. Parti del tracciato di tali trazzere si sono ancora conservate e sarebbero da tutelare.
La fontana aveva dissetato anche i cavalli del re Ferdinando III di Borbone e del seguito di cavalieri e cacciatori in occasione del soggiorno al castello per una battuta di caccia nel 1801. Ricorda l’episodio un’iscrizione posta sul portale del castello:
Ferdinando III, utriusque Siciliae regi, P. F. A.,
quod in hac arce venatu exercitus dies noctesque
interquievit, hospiti omnium in terris nobilissimo,
Simeon Franciscus Tarallus,
dux Miraliae et Ferulae, loci dinasta.
Sit memor posteritas. Anno MDCCCI.
A Ferdinando III, re delle due Sicilie, Pio Felice Augusto,
poiché in questo castello, affaticato per la caccia, per giorni e notti
si riposò, all’ospite riconosciuto da tutti nobilissimo,
Simone Francesco Tarallo,
duca della Miraglia e della Ferla, signore del luogo.
Siano memori i posteri. Anno 1801
Recentemente ho ritrovato presso l’Archivio di Stato di Palermo una pianta del castello di Baida con l’utilizzazione degli ambienti in occasione del soggiorno del re.
Ecco come appare la fontana insieme al castello, con il disegno preciso dello spazio comune, in una Mappa dell’ex-feudo di Baida e Valle di Xacca del 1865, elaborata dagli agrimensori Gaspare Nicotra e Andrea Fundarò, conservata presso l’Archivio di Stato di Trapani.[2]
Castello e fontana di Baida con il reticolato di trazzere
La via che, provenendo da San Vito, da porta di Baida raggiungeva il bevaio di Baida, con la indicazione del terreno comune circostante per uso delle greggi, è presente anche nell’Elenco delle strade del territorio di Monte San Giuliano del 1868.[3]
Sulla fontana c’era un’antica iscrizione, purtroppo finita in mano privata. Il testo molto interessante è stato in passato trascritto e da me pubblicato nel libro sulla baronia di Baida:[4]
Simon dux Ferulae, patruo Simone tuente,
has vobis propsit, grex, fera, pastor, aquas.
Vosque peregrini, hic laxos jam sistite gressus:
quae vobis alibi gratior unda, quies?
Simone, duca della Ferla, grazie all’operosità dello zio Simone,
queste acque ha tratto fuori per voi, gregge, fiera, pastore.
E anche voi pellegrini, fermate qui i passi già stanchi:
In quale luogo per voi acqua sorgiva più gradevole e quiete?
C’è una parentela tra questa iscrizione e quella posta sull’ingresso del castello. Sono dello stesso periodo, identico è il duca della Ferla Simone che le fece incidere. Si tratta di Francesco V Tarallo Oliveri, barone di Baida dal 1766 al 1810, che aveva il nome proprio originario di Simone, mentre quello di Francesco lo assunse in sede di successione baronale.
Il duca, grazie alla collaborazione di un suo zio paterno che portava il suo stesso nome, costruì la fontana per le greggi ed i pastori, ma anche per le bestie selvatiche, con accenno alla possibilità di caccia esistente nella zona. Invitava i pellegrini a fermarsi per riposare. Potevo tradurre peregrini con “stranieri”. Non l’ho voluto fare perché queste antiche vie erano percorse effettivamente da numerosi pellegrini che provenendo anche da zone lontane si recavano per via di terra al Santuario di San Vito o al Santuario della Madonna di Trapani.
Quanta poesia nell’ultima riga: dove potete trovare una acqua così buona e quiete? Non si può non accostarla all’espressione dell’altra iscrizione: dies noctesque interquievit (il re trovò quiete per giorni e notti!). E’ una iscrizione così interessante e pienamente descrittiva delle caratteristiche più belle del nostro territorio.
E’ una fontana antica, esistente già all’inizio del 1800, muta testimone della nostra storia. Si può certamente pensare di restaurarla, di renderla di nuovo fruibile, e di incidere ancora una volta la graziosa iscrizione su uno dei nostri marmi.
Giuseppe Vito Internicola
Articolo del 27 Aprile 2021
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[1] La trazzera iniziando dal Santuario di San Vito seguiva il seguente tracciato: Santa Criscenzia, Macari, Castidduzzu, Biro, Scaletta di Columba, Chianu di la rina, Marcatu di la ficara, Porta ri Baria, Abbiviratura di l’Azzalora, Abbiviratura ri Baria, Balata ri Baria (passando dinanzi la chiesa), Costa ri Santu Vitu, Purtedda di lu panneri (tradotta malamente in italiano Portella del paniere), Sciannirini Suttani e Sciannirini Suprani, Puzzu ri Santu Vitu, Bruca (passando dinanzi la chiesa). Dopo avere incrociato la trazzera che da Trapani andava a Palermo raggiungeva Salangaru, Domingu, Salemi e poi Vita. La demolizione del ponte sulla statale 187 ha interrotto un percorso viario praticato per secoli. [2] ARCH. STATO TRAPANI, Piante topografiche, n. 65. [3] Elenco e classificazione delle strade nel territorio di Monte di S. Giuliano del 1868, Archivio Storico Comunale di Erice, doc. n. 182. [4] G. V. INTERNICOLA, Baronia di Baida e territorio di Castellammare, Alcamo 2003. 94.
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