Mitologia e letteratura, dalla lontana Inghilterra alla Sicilia, ci hanno da sempre abituati ai racconti di unioni amorose tra mortali ed esseri sovrannaturali. Basti pensare a Zeus e ai suoi svariati intrecci amorosi, oltre che con ninfe e divinità, anche con fanciulle mortali, oppure pensiamo alle leggende che legano la fata Morgana a uomini in carne ed ossa[1].

Melusina, fino al 1390 già protagonista di innumerevoli miti della tradizione popolare di tutta Europa e persino del vicino Oriente, intorno a quegli anni prende nuova vita grazie all’opera di Jean d’Arras, “Histoire de Lusignan” (o Roman de Mélusine).
L’etimologia del nome è incerta, e non potrebbe essere diversamente trattandosi di un essere fatato le cui origini si perdono nella leggenda. Alcuni sostengono che in origine si chiamasse “Merlusigne”[2], rimandando a un’accezione acquatica, altri sostengono che derivi da “Mère Lusigne “, rimarcando così il mito di fondazione di Lusignano, nella regione francese di Poitou. Altri ancora sostengono l’origine bretone del nome, collegandola alla fabbricazione del miele, e via via così fino ad arrivare ai miti celtici.
La storia è semplice quanto significativa: la misteriosa e bellissima Melusina concede il suo amore a Raimondo, giovane scudiero del conte di Poitier, e gli promette amore e ricchezze a patto però che questi rispetti il divieto di vederla nei giorni di sabato. In quel giorno infatti la fata esibisce la sua natura feerica e diviene metà donna e metà serpente. Un giorno Raimondo, vinto dalla curiosità, rompe il giuramento e la spia dal un foro nella porta della stanza da bagno, dal quale vede la vera natura della moglie: dalla vita in giù il suo corpo è un’immensa coda di serpente. L’epilogo ovviamente è funesto per il nostro ex scudiero avendo tradito il suo giuramento. Le fate -si sa- non sono mai state inclini al perdono.[3]
Forse però non tutti sanno che esiste una versione tutta siciliana del mito di Melusina[4], ad opera dell’abate Goffredo d’Auxerre (1115 ca. - 1194 ca.), allievo di Pietro Abelardo e convertito da Bernardo di Chiaravalle in persona, di cui diventerà persino segretario personale. Goffredo ce ne parla nel quindicesimo dei suoi venti sermoni “Super Apocalypsim” (1162). Il testimone dell’avventura è un prete che Goffredo conosce personalmente. Questo decano ha lasciato la Borgogna per seguire la sorella del suo duca, sposata con Ruggero II re di Sicilia, ed è proprio in Sicilia sente raccontare la storia di questo giovane.
Ecco il racconto:
Era un giorno qualsiasi quando un giovane ragazzo, forte ed esperto nel nuoto, si trovava con gli amici in riva al mare per fare il bagno, mentre la luna illuminava la chiara notte che si avvicinava. Egli si esercitava nel nuoto con i suoi coetanei, come era solito fare. Quel giorno, mentre si esercitava, sentì il rumore di un corpo che sguazzava nei flutti. Egli credette che uno dei suoi compagni volesse attaccarlo per scherzo sott’acqua, ma il giovane prontamente prevenì lo scherzo ed afferrò la chioma di una donna. Tenendo stretta ciò che credeva una donna, la portò fino a riva, dove la lei lo seguì spontaneamente. Il giovane le parlò a lungo e le chiese chi fosse mai, senza ricevere risposta.
Nonostante tutto, la coprì col suo mantello e la portò a casa, dove la affidò alla madre in modo tale che l’aiutò a vestirla con vesti bellissime. Abbastanza grata e cortese, lei sedeva in silenzio tra di loro. Molte persone la interrogavano e lei rispondeva esaustivamente con segni, ma non fornì mai indicazioni sulla sua famiglia o sulla sua patria. Viveva con loro, si comportava in modo socievole in tutte le cose, quando le chiesero se credeva in Dio, lei annuì. Un giorno le chiesero se fosse intenzionata a sposare il giovane, subito diede l’assenso e gli diede la mano. Solo dopo pochi giorni, la madre accondiscese al desiderio del figlio, e dopo che furono persuasi gli amici e i parenti, fu fatto venire un sacerdote per celebrare il matrimonio. Con la parola dello sposo ed il cenno del capo della sposa, il matrimonio fu compiuto. L’amore cresceva di giorno in giorno, e sembrava che i due giovani fossero sempre più contenti della loro unione. La donna concepì e partorì un figlio; lo curava con tantissimo amore che non permetteva mai che fosse allontanato dalla propria madre, trascorsero giorni e giorni mentre l’amore tra madre e figlio cresceva sempre di più.
Accadde, un giorno che il giovane camminava con un suo amico come erano di solito fare. L’amico, parlando del suo matrimonio, sostenne che la sua sposa era un essere stregato, più che una donna. Anche il vescovo dichiarava che il matrimonio prima che si celebrasse fosse infausto. Ora l’animo del giovane iniziò ad essere scosso e dubitò di quella unione. Concordarono che il giovane, rientrato a casa, nel segreto della sua camera, avrebbe minacciato la moglie e il figlio con la spada sguainata, e con parole e sguardi terribili avrebbe obbligato la moglie a confessare immediatamente chi fosse, pronto a uccidere il figlio se lei si fosse rifiutata. Ritornato a casa mise subito in atto ciò che aveva progettato dietro suggerimento dell’amico. La donna vedendo la spada puntatale contro, indietreggiò impaurita e eruppe queste parole: << Oh misero! Costringendomi a parlare perdi una sposa preziosa. Sarei rimasta con te e avrei continuato a farti del bene se solo mi avessi permesso di osservare il silenzio che mi è stato imposto. Ecco, ora ti parlo perché mi costringi, ma dopo avermi udita non mi vedrai più>>.
Disse queste parole e sparì.
Il fanciullo cresceva e viveva come tutti gli altri. Tuttavia, cominciò ad andare più spesso sulla riva del mare, dove fu rinvenuta la madre, fino al giorno in cui, davanti a numerosi testimoni, la donna stregata rapì il figlio, mentre faceva il bagno in quelle stesse acque, come dissero; e da quel giorno né l’uno e né l’altra furono mai più visti.
Come si può immaginare, le argomentazioni che nascono da tale ricostruzione mitologica sono infinite, dall'evoluzione della visione del Femminino Sacro, ai collegamenti con altri miti e leggende che ci rimandano all'elemento acquatico e al suo potere di sedurre le mortali frenesie, senza mai essere pienamente dominato. Lascio quindi al lettore la possibilità di approfondire, senza influenzarne oltre la ricerca.
A cura di Alessandra Tamburello
[1]La leggenda della Fata Morgana merita di essere ricordata, essendo diffusa anche in tutta l'area della Sicilia orientale: durante le invasioni barbariche alto medioevali, in agosto, un re barbaro giunto a Reggio Calabria vide all'orizzonte la Sicilia e si domandò come raggiungerla, quando una donna molto bella (la Fata Morgana) fece apparire l'isola a due passi dal re conquistatore. Costui allora si gettò in acqua, convinto di potervi arrivare con un paio di bracciate, ma l'incanto si ruppe e lui morì affogato. Un'altra versione narra che nel 1060 Fata Morgana si propose di aiutare il condottiero normanno Ruggero d'Altavilla per liberare la Sicilia dalla dominazione Musulmana: Ruggero la vede salire su un carro bianco e azzurro misteriosamente apparso, tirato da sette cavalli bianchi con le criniere azzurre. E ancora il mito ci lascia la narrazione della guarigione miracolosa di re Artù portato dalla sorella Morgana in cima all’Etna. Cfr. Salvatore Spoto, Miti, riti, magia e misteri della Sicilia, Newton Compton Ed., 2006 [2] Dictionnaire de la langue française, Emile Littré. [3] Cfr. V. de Angelis, Dalla parte delle streghe, Piemme, 2003 [4] Per un’analisi più approfondita dei significati del mito di Melusina rimando a E. Maderna, Alchimie di Melusina, 2018 (sul web).
Articolo del 1 Febbraio 2021 ;
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