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Sulle origini e il culto della Madonna del Soccorso o della Mazza

Apparizioni soprannaturali, guarigioni miracolose di ecclesiastici, antiche antifone liturgiche, una terra marcatamente mariana, un ordine di eremiti ispirato al Padre della Chiesa che più diffusamente trattò quella che oggi definiamo “mariologia”, prodigiose icone rinvenute, interventi portentosi ed inspiegabili...

Accingersi a ricostruire ed esporre le origini della venerazione alla Madonna sotto il titolo “del Soccorso” richiede l’incrocio di diversi fili della storia della Chiesa, che convergono in un culto sbocciato nel capoluogo della Sicilia, per poi estendersi diffusamente nell’orbe cattolico in una molteplicità di variazioni, a tal guisa da avvalorarlo come uno dei principali.

Crocifissione

Tale titolo, infatti, si presenta come più di uno degli innumerevoli e forse incalcolabili sotto i quali è venerata la Santa Madre di Dio, non essendo legato ad un preciso luogo geografico o ad una immutabile immagine fissa, né ad una definita spiritualità peculiare ad una famiglia religiosa o ad un carisma specifico; sintetizza, invece, alcuni fondamentali attributi riconosciuti e considerati in Maria SS. sin dall’antichità dal popolo dei suoi figli: la protezione, la custodia, la difesa, l’aiuto, l’ausilio, l’assistenza, il sostegno, il soccorso. Prerogative materne che rimandano al mandato estremo consegnato alla Vergine Madre dal Redentore sulla croce, affidandole l’apostolo prediletto, san Giovanni, presentato come la continuazione spirituale della Sua figliolanza: Donna, ecco tuo figlio! (Gv 19,26).

In quella breve affermazione, espressa in un contesto drammatico e capitale, vengono conferiti a Maria Santissima un privilegio e un compito: essere misticamente associata al Verbo incarnato, di cui è madre, nel sacrificio della redenzione, con il quale Egli riscatta ed associa alla Sua vita divina il popolo dei redenti, rendendolo Suo Corpo, così da divenire anche madre di quelle membra, generandole nell’ordine della fede e della grazia, di cui è colmata in pienezza.

E di questo popolo, di cui è Ella stessa primogenita e regina, da quel momento sino al ritorno glorioso del suo Figlio, dovrà occuparsi con l’assoluta dedizione di una madre, profondendo, in virtù della sua privilegiata ed esclusiva posizione rispetto alla Trinità Beata, le sue cure, la sua sollecitudine, il suo intervento.

Nel corso della storia i credenti hanno non soltanto sperimentato, ma anche incessantemente invocato ed implorato questo intervento, attraverso le pratiche di pietà popolare, le pie orazioni, le preghiere spontanee, il canto sacro e gli inni liturgici, che meritano una più approfondita menzione.

La Madonna della Misericordia, Piero della Francesca

Alcuni di questi ultimi entrarono negli uffici divini come antifone dedicate a Maria, impreziosendo la scansione dei ritmi del tempo liturgico, arricchendone i testi e accompagnando generazioni di oranti.

Già il primiero inno mariano, presente nella liturgia copta di Natale (la cui prima fonte è un papiro alessandrino datato al 250 d.C.), più noto nella formula romana e denominato Sub tuuum presidium, si presenta come una comunitaria fiduciosa richiesta di soccorso immediato nelle tribolazioni (in quel periodo erano in corso le feroci persecuzioni degli imperatori Valeriano e Decio): è evidente la fiduciosa sicurezza ed il confidente abbandono nell’efficace intervento e nella potente intercessione della Madonna, la protezione della quale, nella formula romana, è paragonata ad un presidio militare.


Il soccorso di Maria SS. è evocato anche in una antifona mariana inserita nel nono sermone di una delle insigni e poliedriche personalità dell’Alto Medioevo, oggi purtroppo cadute pressoché totalmente in oblio, quasi dileguatesi tra le alte nebbie dell’impero carolingio, sul crinale tra i due primi millenni dell’era cristiana: il santo vescovo Fulberto di Chartes (960-1028). Teologo, filosofo, scienziato, scrittore, fu zelantissimo nel glorificare Maria, celebrandola quale “Regina di misericordia”.

Si racconta che, malato, ebbe un'apparizione della Vergine Maria, che lo guarì all'istante. Nel sermone sull’Annunciazione il santo declama:

S. Fulberto di Chartres

Sancta Maria, succurre miseris, iuva pusillanimes, refove flebiles, ora pro populo, interveni pro clero, intercede pro devoto femineo sexu: sentiant omnes tuum iuvamen, quicumque celebrant tuam sanctam commemorationem. Amen


L’imperativo “succurre” costituisce pertanto la prima accorata supplica.

L’approvazione e la condivisione dell’invocazione fu tale che, secoli dopo, essa entrò nel Breviario Romano come antifona di diverse feste mariane.

Nel XI secolo il monaco beato Ermanno lo storpio, il “doctor marianus” , scrisse l’inno Alma Redentoris Mater, nel quale la dimensione del soccorso mariano spicca nettamente:


Beato Ermanno lo storpio

Alma Redemptoris Mater, quae pervia caeli

Porta manes, et stella maris, succurre cadenti,

Surgere qui curat, populo: tu quae genuisti,

Natura mirante, tuum sanctum Genitorem

Virgo prius ac posterius, Gabrielis ab ore

Sumens illud Ave, peccatorum miserere.


Anche questo inno divenne un’antifona dell’ufficio divino, musicata e cantata in gregoriano a Compieta, tradizionalmente dalla prima domenica di Avvento alla vigilia della festa della Candelora.

Sovente, quando una prerogativa mariana si consolida nella fede dei cristiani, o antecedentemente o posteriormente alla definizione dogmatica o proclamazione formale di essa da parte del magistero, la Madonna suggella tali verità con le sue apparizioni; si pensi alle apparizioni a Lourdes, dove si presentò come l’Immacolata Concezione, trentotto mesi dopo la definizione del dogma da parte del beato papa Pio IX.

Sant'Agostino d'Ippona

Anche la prerogativa del soccorso nei confronti del suo popolo fu avvalorata e confermata dalla Vergine con apparizione onirica e subitanea guarigione, all’inizio del XIV secolo, in una terra a lei particolarmente legata, ad un eminente membro di un ordine religioso che poteva vantare per ispiratore uno dei primi mariologi, sant’Agostino di Ippona; il santo dottore che della Beata Vergine, in un epoca di non ancor matura elaborazione teologica sistematica, trattò ampiamente, difendendone l'immunità dal peccato, esaltandone la perpetua verginità e la maternità spirituale verso tutti i fedeli e proponendone i privilegi e la vita come esemplare e modello della Chiesa, la quale, come Maria, è vergine e madre.

Così per l’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino (o agostiniani), frutto della grande unione decretata da una bolla di papa Alessandro IV del 1256 che fuse varie comunità di eremiti che già osservavano la regola e le norme di vita del santo padre della Chiesa, la fervente pietà mariana e l’approfondita riflessione mariologica costituivano uno dei punti di forza dell’identità spirituale della sua tradizione.

Portale e rosone chiesa di S.Agostino, Palermo

Intorno all’anno 1275, a Palermo, gli agostiniani, presenti in Sicilia ancor prima della grande unione, eressero un loro convento annesso alla chiesa dei santi francesi Dionigi, Rustico ed Elueterio, che, dopo i Vespri Siciliani e la cacciata degli angioini, fu denominata “Sant’Agostino”. In questa chiesa, in una delle cappelle laterali (già antica chiesetta di san Nicola di Bari), di proprietà della nobile famiglia Maida, titolata a san Martino di Tours, si venerava un’immagine di Maria Santissima: una tela incollata su tavola con fondo oro, attribuita ad un ignoto pittore siculo-bizantino del ‘200, raffigurante la Madonna di tre quarti, con capo appena piegato, con in braccio il Bambino, rappresentato in postura inusuale (appoggiato di spalle e con un piedino sulla mano della Madre).


Madonna del Soccorso, chiesa S.Agostino, Palermo

Lo stile, immediatamente riconducibile alla tradizione ieratica bizantina, discendeva dai mosaici dell’impero romano d’oriente, i cui riflessi continuarono ad irradiarsi in Sicilia sino a tutto il XIV secolo.

Come narra lo scrittore e storico mons. canonico Antonio Mongitore (1663-1743), nel 1306, tra quella cappella e quel convento accadde un evento miracoloso che segnò l’inizio della devozione al soccorso di Maria Santissima.

Il priore del convento, padre Nicola Bruno (o La Bruna), uomo di santa vita, stimato teologo e predicatore, soffriva da tempo di continue fitte al fianco, divenute ormai acutissime, che le cure mediche non guarivano né lenivano. Devoto di Maria, si recò alla suddetta cappella, implorando l’intercessione della Vergine.

Da lì a poco, una notte, in sogno, gli apparve la Madonna, nelle stesse sembianze, invitandolo ad alzarsi, perché guarito, e ordinandogli di render noto il miracolo, chiedendo che fosse invocata con il titolo di “Madonna del Soccorso” e promettendo la sua protezione.

Il priore si svegliò totalmente guarito; si recò dall’arcivescovo palermitano Bartolomeo Antiocheno e dal magistrato della città, riferendo e attestando l’accaduto.

Il presule, commosso, in segno di approvazione, promosse una solenne processione alla quale si associò l’intera città e con la quale si dava avvio al culto della Madonna del Soccorso, che sarebbe stato simbolicamente completato da un altro episodio prodigioso (divenuto celebre), che ebbe luogo nello stesso anno e nella stessa privilegiata città, e che ebbe come protagonisti una madre nervosa e collerica e un figlioletto “oltremodo” vivace e discolo.

Seconda apparizione della Madonna del Soccorso

La donna, perdendo la pazienza, era solita “mandare al diavolo” il figliolo, ma quel dì, oltre ogni limite dell’arrabbiatura, ebbe l’imprudenza di invocare ad altre grida il demonio, affinché “venisse a prendersi il figlio”! Accadde allora l’imprevedibile: apparve un orrendo essere infernale che si avventò sul fanciullo. Un terrore raccapricciante e disperato piombò sulla madre, che, in preda ad un vivo senso di colpa, implorò il soccorso della Madonna. Ed ecco, apparve una donna meravigliosa; brandiva in mano un nodoso bastone, che vibrò contro il demone infernale scacciandolo, mentre il fanciullo trovava riparo tra le pieghe del suo manto, per poi, allo sparire della Signora, tornare in lacrime tra le braccia della madre.

Questa, recatasi nella chiesa di Sant’Agostino e indugiando nella cappella di san Martino, riconobbe nella sacra immagine mariana la splendida benefattrice della sua casa e rese pubblica la grazia, in memoria della quale si dipinse un’altra immagine della Vergine recante una mazza, con un fanciullo in cerca di rifugio presso di lei, che fu poi collocata accanto alla prima effigie.

Non poteva mancare un terzo prodigio a coronare l’incipit panormense di questa devozione; ed è sempre il Mongitore l’autorevole fonte.

Una giovane paralizzata e allettata dalla tenera infanzia, malgrado le sue sofferenze, non cessava di lodare Dio e di invocare la Madonna perché le concedesse la forza per portare la sua croce.

Una notte Ella le apparve, chiedendole cosa desiderasse.

Nient’altro che onorarvi e servirvi con tutto il cuore - rispose la giovane, che fu subito premiata per la sua fede ed il suo abbandono: la Vergine si sciolse la cintura d’argento, ne cinse ai lombi la sua prediletta, in modo che non si potesse sciogliere dal suo corpo se non, come affermò, nella chiesa in cui si trovava l’immagine somigliante alle sembianze in cui le stava apparendo.

Interno chiesa S.Agostino, Palermo

Il simulacro fu trovato nella chiesa di Sant’Agostino: era l’icona della Madonna del Soccorso. Alle grida della miracolata accorsero gli agostiniani, e alla di lei domanda se fossero tutti presenti il priore rispose che mancava solo un ammalato, paralitico da ventiquattro anni. Questi fu portato in chiesa e, stese pudicamente le mani verso la cintura, subito la sciolse, mentre egli stesso guariva improvvisamente.

M. SS. del Soccorso, patrona di C\mare del Golfo

La devozione era ormai matura, sia per i portenti operati che per quella simbologia iconografica che, nei secoli successivi, avrebbe suscitato numerosissime produzioni artistiche di elevato valore, che esaltarono la bellezza di Colei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiere a vessilli spiegati (Ct 6,10).

Da quel luogo il culto si irraggiò, propagandosi in altre chiese palermitane, del Regno di Sicilia, del meridione, dell’Italia e dell’estero, in particolare, ma non solo, in quelle agostiniane.

In suo onore si eressero chiese parrocchiali, santuari, rettorie, cappelle, oratori, anche ad opera di altri ordini religiosi (benedettini, carmelitani, francescani, domenicani) e si costituirono molte confraternite di laici. Grandi e rilevanti i miracoli e gli interventi prodigiosi attribuiti alla Madonna Soccorritrice, che con la potente mazza offriva un segno eloquente della sua fortezza nel fronteggiare il maligno ed ogni male, a favore del popolo cristiano che verso di Lei volgeva lo sguardo, nutrendo attese e speranze.

Madonna del Perpetuo Soccorso

Ma sarebbe indotto in errore chi ritenesse che la rappresentazione della Madonna del Soccorso recante in mano la mazza, accogliente un fanciullo o una fanciulla sotto il suo manto, con il diavolo schiacciato alle sue falde, avesse soppiantato quella di stile e fattura bizantina.

Infatti, nel 1499, in conseguenza quasi drammatica di un sacrilego trafugamento e di altre reiterate apparizioni di Maria (non riportate in questa sede), pervenne presso la chiesa di san Matteo in Roma una miracolosa icona cretese in stile bizantino, risalente al XIII secolo, ritraente la Vergine con il Bambino (e ai lati, in alto, gli arcangeli Michele e Gabriele), la quale, nelle apparizioni, si era presentata come Santa Maria del Perpetuo Soccorso.

Quella chiesa, in cui era giunta l’icona, era officiata proprio dagli agostiniani, che la accolsero, venerandola per trecento anni. Lì accorrevano fedeli da ogni dove e in un numero tanto grande che, in poco tempo, essa divenne una delle chiese più visitate di Roma, a causa della fama dei miracoli operati per intercessione della Vergine del Perpetuo Soccorso. Distrutta la chiesa dai napoleonici, l’icona fu provvidenzialmente recuperata, decenni dopo, dai padri redentoristi alfonsiani, che in quel sito edificarono la loro casa generalizia; essi rilanciarono la devozione, propagandone le orazioni e le immagini.

Battaglia di Lepanto

Il culto trovò posto anche nella liturgia latina; infatti nel Messale Romano, prima dell’ultima riforma liturgica, si trovava, alla data 27 giugno, la messa propria della Beata Vergine Maria del Perpetuo Soccorso.

Dal XVI secolo, in seguito alla provvidenziale vittoria di Lepanto, un altro titolo mariano, collegato a quello “del Soccorso”, si affermò nella pietà cattolica, trovando puntualmente posto anche tra le Litanie Lauretane, in quanto inneggiato presso il santuario di Loreto dai reduci della battaglia: Auxilium christianorum (“Aiuto dei cristiani”),da cui derivò l'ulteriore titolo Ausiliatrice, di cui fu appassionato apostolo san Giovanni Bosco.

M. SS. Ausiliatrice

Anche il magistero ecclesiastico più recente presenta alcune citazione del soccorso di Maria Santissima. Nel 1946 il venerabile papa Pio XII, nella lettera enciclica Deiparae Virginis Mariae, proponendo ai vescovi di tutto il mondo la definizione del dogma dell’assunzione in cielo in anima e corpo della Beata Vergine Maria, concludeva: In attesa delle vostre risposte invochiamo sopra di voi, venerabili fratelli, e sopra i vostri fedeli, insieme con l'abbondanza dei divini favori, la protezione della soccorritrice ed eccelsa Vergine Maria.

Papa Pio XII

Nel 1963 il Concilio Vaticano II, nella Lumen Gentium (n. 62), insegnò: Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata. Per questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice. Il 16 giugno 1999, sulla piazza della nativa Wadowice, il papa san Giovanni Paolo II incoronava la veneranda immagine miracolosa della Madonna del Perpetuo Soccorso, custodita sull’altare della cappella della Santa Croce della chiesa parrocchiale.

La devozione ha accompagnato anche gli emigranti oltreoceano, dai quali fu fervidamente coltivata quale carattere identitario, legame di memoria e segno di appartenenza alla Chiesa Cattolica, in un contesto in prevalenza protestante, anche riproducendo le effigi tradizionali dei paesi di origine.

Multiformi le immaginette e i santini raffiguranti la Signora del Cielo e della terra sotto questa denominazione e riportanti invocazioni, orazioni, suppliche, novene e periodi di preghiere; altresì la stessa lingua vernacolare ha espresso tale venerazione attraverso rosari e canti popolari.

Wadowice (Polonia), piazza antistante chiesa parrocchiale

La preghiera alla Madonna del Soccorso non può essere considerata soltanto un’intercessione orante, pur efficacissima; essa sottende qualcosa di più: una fede radicata, granitica e inossidabile, quanto umile, perseverante e mendicante l’irruzione provvidenziale e potente del divino nelle vicende della storia degli uomini.

Manlio Buscemi

Febbraio 2020

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